Posted On Luglio 26, 2017 In Criminalistica With 4963 Views

Il sopralluogo giudiziario

di Roberta Di Martino 

Il sopralluogo è il punto di partenza di ogni indagine di polizia giudiziaria, costituisce il primo intervento che le forze dell’ordine sono chiamate a svolgere nel momento in cui vengono a conoscenza di una notitia criminis. Da esso dipende non solo l’andamento del percorso investigativo, ma soprattutto l’esito del processo penale, poiché è in questa fase che vengono raccolte quelle che diverranno le future prove e che saranno utilizzate a fondamento della decisione del giudice.

Il sopralluogo giudiziario è quel complesso di attività poste in essere dalla polizia giudiziaria, dal consulente tecnico del pubblico ministero e della difesa, aventi natura tecnica e scientifica, esperibili sul locus commissi dilicti, sia nell’immediatezza della scoperta del fatto di reato che nell’esecuzione di eventuali successivi accessi, finalizzate ad isolare, descrivere ed analizzare lo scenario, nonché ricercare, esaminare e repertare le tracce ivi contenute.

L’espressione “sopralluogo giudiziario” non è contemplata nel codice di procedura penale, ma nel gergo forense sta ad indicare la prima attività di osservazione compiuta dalla p.g. o, ancor meglio, l’accesso e le attività eseguite sulla scena dell’evento. Non è una locuzione che identifica né un preciso atto investigativo né una sotto-fase delle indagini preliminari.

Titolare delle indagini è il Pubblico Ministero. L’art. 348 c.p.p. sottolinea, infatti, la posizione di dipendenza della Polizia giudiziaria dalle direttive del pubblico ministero in merito alle investigazioni. Tuttavia la polizia giudiziaria può svolgere indagini di iniziativa propria nell’identificazione del fatto di reato e dei suoi autori, attraverso la ricerca e la conservazione delle tracce inerenti il reato e delle persone in grado di riferire sui fatti in questione.

Il sopralluogo si snoda in diverse fasi. La prima è volta al congelamento della scena del reato: l’attività di conservazione consiste nel curare che le cose o tracce pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi non sia mutato prima dell’intervento del pubblico ministero (art, 354, comma 1 c.p.p.). La competenza di questa prima fase spetta alla polizia giudiziaria che interviene per prima sul locus commissi delicti, la quale deve impedire, da un lato, che vengano asportate cose (es. l’arma del delitto) o cancellate tracce (es. le impronte digitali); da un altro lato, che cose o tracce vengano aggiunte (es. mozziconi di sigaretta) o che siano spostate di posizione (es. bossolo di un proiettile). L’isolamento della scena del crimine è volto, pertanto ad evitare che gli interventi esterni possano contaminare e conseguentemente alterare lo stato dei luoghi e delle cose.

La contaminazione costituisce una minaccia concreta per il buon esito del sopralluogo, pericolo che rischia di invalidare gli elementi di prova raccolti e di limitarne l’utilizzabilità in sede di dibattimento processuale. Al fine di circoscrivere il più possibile la contaminazione della scena del crimine, pertanto, sono previsti dei protocolli di intervento diretti a tutti gli operatori che agiscono sul luogo del reato e che danno indicazioni standardizzate e riconosciute sulle modalità di intervento.

La seconda fase attiene alle attività di osservazione dello stato dei luoghi, delle cose o delle persone che vengono compiute mediante rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici, nonché attraverso ogni altra operazione utile ai fini della protezione e assicurazione delle tracce.

La terza fase, infine, concerne gli accertamenti urgenti che consistono in operazioni di tipo tecnico che la p.g. compie qualora: a) il pubblico ministero non possa “intervenire tempestivamente” (art. 354 c.p.p.); b) esista il pericolo che nel frattempo lo stato dei luoghi e delle cose si modifichi o che le tracce vadano perdute. Nell’ipotesi in cui queste attività richiedano specifiche competenze tecniche, la p.g. può avvalersi dell’opera di esperti (cc.dd. ausiliari di polizia giudiziaria). Essi, pertanto, possono compiere solo quegli accertamenti urgenti che, anche se manipolano una traccia, non comportano alterazioni dell’elemento di prova.

Si ricorre agli accertamenti tecnici irripetibili, invece, ogni qual volta che le attività tecnico-scientifiche comportino la modifica dell’elemento di prova. Tali accertamenti sono riservati al PM, il quale dovrà compierle secondo le forme previste dall’art. 360 c.p.p. in ossequio al principio di garanzia del contraddittorio delle parti nella formazione della prova.

Il PM, inoltre, può avvalersi di consulenti tecnici laddove sia necessario il compimento di rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici o di altre operazioni che richiedano specifiche competenze tecniche (art. 359 c.p.p.). Il consulente del PM si differenzia dall’ausiliario di p.g. poiché, mentre quest’ultimo svolge le attività tecniche insieme alla p.g. in funzione di aiuto materiale (con la conseguenza che queste vengono qualificate come attività di p.g.), il consulente del PM svolge gli accertamenti in proprio dietro incarico dell’autorità inquirente a cui dovrà riferire i risultati cui è pervenuto.

Gli atti di tipo investigativo durante il sopralluogo si suddividono quindi in rilievi e accertamenti tecnici. I primi attengono alle attività di mera individuazione e raccolta di dati materiali, mentre gli accertamenti tecnici presuppongono un’ulteriore passaggio  consistente nell’elaborazione critico-valutativa dei dati rilevati.

 Le indagini effettuate durante sopralluogo devono essere documentate mediante verbalizzazione delle attività svolte e la formazione del fascicolo dei rilievi tecnici.

 Il rispetto delle norme processuali e dei protocolli operativi in sede di sopralluogo costituisce il requisito fondamentale per l’utilizzabilità nel processo penale degli elementi di prova raccolti. Si deve ricordare, infatti, che a seguito del passaggio dal processo inquisitorio a quello accusatorio la formazione della prova avviene in dibattimento nel contraddittorio tra le parti. In quest’ottica si deve considerare che gli elementi raccolti in fase di indagine, i rilievi e gli accertamenti effettuati durante il sopralluogo devono essere successivamente sottoposti al vaglio dibattimentale.

Un’eventuale violazione delle regole che disciplinano le attività di sopralluogo possono provocare, pertanto, l’inutilizzabilità degli elementi di prova raccolti. È per questo motivo, infatti, che le modalità con cui vengono effettuati i rilievi e gli accertamenti tecnici assumono una rilevanza sempre più preponderante nel panorama del processo penale italiano, poiché è già da queste prime attività che si determinano le sorti delle future prove.

Bibliografia

A. Gaito (a cura di), voce Sopralluogo giudiziario, in Digesto delle Discipline Penalistiche, Utet Giuridica, 2011

P. Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè Editore, Milano, 2013.

G. Gulotta, Il sopralluogo psico-criminologico, Giuffrè Editore, Milano, 2013

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