di Nikka Mastrangelo
L’Entomologia Forense studia, in generale, la fauna che colonizza un corpo morto, che sia un cadavere umano o animale. Questa scienza non studia solo le mosche, i ditteri, ma anche altre specie di artropodi. Nello specifico, oggetto di studio dell’entomologia forense sono i cicli vitali e l’etologia di quegli insetti che, sviluppandosi su resti organici in decomposizione, sono utilizzabili ai fini della determinazione di diversi aspetti di interesse medico-legali: datazione dell’epoca della morte, luogo e circostanze che ne possano aver causato la morte stessa. L’analisi dell’insetto in sé dà anche informazioni circa sostanze di rilevanza tossicologica e uso di droghe.
L’entomologia è una disciplina di fondamentale importanza nel rispondere ai quesiti giudiziari nel caso di rinvenimento di corpi non identificabili o in avanzato stato di decomposizione.
Per questo motivo richiede il massimo grado di sinergia operativa con la medicina legale: le informazioni ricavabili dagli insetti devono essere integrate con quelle di natura tanatologica e patologica che il medico legale ricava in sede di sopralluogo e di autopsia, nonché supportate dalla conoscenza di tutti i parametri ambientali e climatologici concernenti il luogo di ritrovamento.
Lo studio entomologico risulta particolarmente utile nel momento in cui non si riesce a determinare l’intervallo post-mortale (PMI), quindi in tutti quei casi in cui i rilievi tanatologici non sono più utilizzabili a tal fine.
Va infatti ricordato che, cessata l’evoluzione dei fenomeni post-mortali consecutivi (ipostasi, rigidità e raffreddamento cadaverico) vengono meno quegli indicatori organici in grado di permettere una precisa determinazione dell’epoca della morte, che resta pertanto affidata ad un giudizio molto soggettivo, basato sulla personale esperienza del singolo medico legale.
L’osservazione entomologica non solo permette di superare questo problema fornendo, in generale, una stima molto accurata del PMI, ma anche di superare l’ampia possibilità di errore dei classici rilievi tanatologici. In alcuni casi, lo studio degli insetti cadaverici ha consentito di individuare l’epoca del decesso in contrasto con quanto prospettabile in base allo stato di conservazione del cadavere, trovando poi concreta conferma nei successivi riscontri investigativi.
Dal momento della morte e man mano che si succedono gli stadi cadaverici, differenti squadre di insetti, per lo più mosche, sono richiamate in base alle modificazioni dei substrati. Questi insetti necrofagi utilizzano i propri organi di senso, altamente specializzati, per individuare il substrato cadaverico sin dalle fasi iniziali postmortali, quando la degradazione della materia determina lo sviluppo di gas e odori particolari, generati dalla metabolizzazione della materia organica.
Una classificazione divide in 4 categorie la fauna necrofaga:
1. Ditteri necrofagi che si nutrono delle carcasse degli organismi;
2. Necrofili (predatori o parassiti dei necrofagi): Ditteri, Coleotteri, acari, ragni e altri artropodi. In alcuni casi gli insetti sono necrofagi durante i primi stadi di sviluppo e diventano predatori negli ultimi stadi;
3. Onnivori: vespe, formiche e alcuni coleotteri, specie opportuniste che si nutrono sia del corpo che dei suoi colonizzatori;
4. Opportunisti (utilizzano il cadavere come rifugio): acari, ragni, formiche, collemboli e chilopodi. Queste specie vivono nell’ambiente circostante e si nutrono normalmente d’altro, ma possono trovarsi occasionalmente sul cadavere.
Risulta, fondamentale la conoscenza dettagliata delle aree di distribuzione delle singole specie di ditteri di interesse forense, così come la conoscenza della durata del loro sviluppo.
Tra le varie specie di insetti colonizzatori ci sono tre famiglie di mosche parassitarie rilevanti a fini forensi: Calliphoridae (mosconi), Muscidae (mosche domestiche), e Sarcophagidae (mosche carnarie).
Tra tutte, la mosca sarcofaga carnaria (Linneaus, 1758), è la più famosa.
Essa appartiene alla famiglia Sarcophagidae, il classico moscone della carne, grigio striato, di dimensioni di circa 10-15 mm, che deve il suo nome al fatto che le sue larve si sviluppano nella carne fresca o in putrefazione; una particolarità di questa mosca è che a differenza di altri ditteri, è vivipara: la femmina conserva le uova all’interno dell’addome fino al momento della loro schiusa, introducendo quindi piccole larve già formate sul substrato di nutrizione, per questo motivo, specie d’estate, cibi freschi, ma non ben coperti, possono presentare all’improvviso la presenza di larve di mosca.
Per le altre famiglie invece, di solito la femmina depone le uova nel giro di due giorni dopo il decesso. Il ciclo vitale è dunque il seguente: uovo, larva, pre-pupa, pupa, imago.
Il ciclo riproduttivo del Moscone grigio della carne è molto simile a quello della Mosca domestica e si compie in 8-25 giorni, in relazione alla temperatura ed alle condizioni ambientali. Nel periodo iniziale del loro sviluppo (4-10 giorni) esse si nutrono voracemente del substrato di deposizione – ed occasionalmente di altre larve più piccole che incontrano lungo il percorso. In seguito migrano in terreni asciutti dove si impupano per altri 4-7 giorni, fino alla completa formazione dell’individuo adulto. Analizzando i tempi che interessano i diversi stadi, dalla deposizione delle uova, alle diverse fasi dello sviluppo larvale, in relazionane alla temperatura e alle condizioni ambientali di ritrovamento, è possibile ricostruire il progresso della decomposizione e calcolare con buona approssimazione la data di morte dell’individuo.
Inoltre, un ulteriore dato informativo è fornito dall’assenza di specie che verosimilmente avrebbero dovuto trovarsi sul cadavere e che potrebbe quindi indicare un eventuale spostamento della vittima.
Importante è ricordare che la presenza specifica di ogni insetto e il tempo di permanenza può variare seguendo i fattori che influenzano la fauna entomologica locale e i processi di alterazione del cadavere (città, campagna, all’interno o all’esterno di abitazioni, stagioni, dati climatici e meteorologici, grandezza dei cadaveri, condizioni in cui si trova il corpo: all’aperto, sotterrato, nell’acqua) e che l’attività degli insetti, la durata del loro ciclo evolutivo (deposizione delle uova, incubazione, crescita delle larve, pupe, mosche) sono strettamente legate alle condizioni climatiche (temperatura, umidità).
Inoltre, non bisogna dimenticare che sul substrato in disfacimento è presente anche una massiccia fauna non specializzata nella decomposizione delle carcasse: essa consiste in commensali occasionali o potenziali competitori, predatori e parassiti della fauna cadaverica, in grado di inibire in parte o del tutto lo sviluppo di alcune specie normalmente utilizzate come principali indicatori dei tempi di morte. Ad esempio, piccoli predatori come ratti, topi o corvi possono nutrirsi del cadavere senza spostare in modo apprezzabile i resti ma lasciando particolari segni sul corpo, mentre grandi predatori come avvoltoi, cani, orsi o alligatori possono influire sulla decomposizione del cadavere, cibandosi del corpo e disperdendone le parti. Inoltre, se il corpo viene rinvenuto in stadio di decomposizione avanzato ma illeso, in un’area in cui è probabile la presenza di vertebrati di piccola e media taglia, è verosimile ritenere che esso sia rimasto in un luogo dove i possibili predatori non avevano accesso. Infine, altri insetti come formiche (ma anche blatte e vespe) possono cibarsi delle parti esterne del corpo, lasciando effetti superficiali molto caratteristici, piccoli crateri poco profondi, di forma e in posizioni irregolari.
Il ruolo dell’entomologo forense
Anche se in Italia la figura professionale dell’Entomologo forense è pressoché sconosciuta e poco impiegata il suo ruolo, a livello internazionale, nell’ambito delle indagini su crimini violenti sta diventando sempre più importante.
L’obiettivo è quello di riuscire a correlare la presenza della biocenosi campionata sul substrato cadaverico con i parametri ambientali specifici del luogo di morte per poter stimare con sufficiente precisione: la datazione dell’epoca della morte o P.M.I., il luogo del decesso ed eventuali spostamenti, la correlazione degli insetti con la verosimile fonte di nutrimento, gli eventi succedutisi prima del ritrovamento del corpo, le eventuali lesioni che potrebbero essere la causa di morte, l’eventuale consumo di sostanze stupefacenti, l’eventuale esposizione a sostanze tossiche.
Tuttavia, l’analisi che l’entomologo forense opera non prescinde mai dall’esame medico legale sulla decomposizione cadaverica ma è di supporto a questa: se la fase di decomposizione del corpo non corrisponde alle specie ed alle fasi vitali degli insetti rinvenuti, l’investigatore dovrebbe sospettare che il processo è stato interrotto o modificato in qualche modo.
L’analisi ha inizio con l’identificazione delle specie colonizzatrici alla luce dei fenomeni trasformativi post-mortem e delle caratteristiche ambientali.
Per definire univocamente una specie si utilizzano metodi basati sulle chiavi dicotomiche, cioè mirate al confronto con connotazioni morfologiche, riportate ed illustrate nei compendi entomologici, che permettono l’attribuzione di un dato esemplare ad una specie ben caratterizzata. L’osservazione delle caratteristiche specifiche può essere eseguita con il microscopio ottico, lo stereomicroscoscopio ma anche con il microscopio elettronico a scansione (S.E.M.). Inoltre, è oggi possibile utilizzare anche l’analisi del DNA per stabilire l’appartenenza di un insetto ad una data specie. Una volta caratterizzata la specie si considerano i fenomeni trasformativi e l’ambiente circostante.
Come già accennato, gli insetti insediati su di un cadavere possono fornire anche degli indizi circa l’eventuale presenza di prodotti tossici che hanno potuto causare la morte. Se la causa della morte è attribuibile a droga, medicamenti o veleni, come l’arsenico o il mercurio, larve e pupe ce lo possono svelare: le larve assorbono le sostanze e le immagazzinano nell’organismo, mentre i contenitori delle pupe abbandonate dalle larve divenute adulte conservano delle tracce di queste sostanze. Questi metodi di rilevazione sono tutt’ora allo studio dei vari istituti. Inoltre gli studi riguardano anche il tipo di influenza che gli stessi prodotti tossici possono avere sullo sviluppo degli insetti.
Da diversi anni studi internazioni sono portati avanti con l’obiettivo di estrapolazione un dato fondamentale che si potrebbe ricavare dal gozzo degli insetti: il DNA umano. Come? Sezionando l’insetto si recupera il suo succo gastrico, dal “gozzo”, e dalle analisi si può risalire alla “carta d’identità” della vittima. Inoltre, un gruppo di studiosi ha dimostrato la possibilità di rilevare l’antigene prostatico specifico (PSA) e di tipizzare i marcatori del cromosoma Y partendo dall’estratto del “gozzo” di Ditteri allevati parecchie ore prima (fino a 145 ore) su tessuti ricoperti di sperma umano. Il test del PSA ed i marcatori genotipici del cromosoma Y sono utilizzati nei casi di violenza sessuale rispettivamente per determinare la presenza di sperma e per distinguere il contributo maschile nelle miscele genotipiche (genotipo aggressore + genotipo vittima) che si ottengono dall’analisi degli indumenti e/o del tampone vaginale della vittima, che in condizioni di colonizzazione da parte dell’entomofauna non è più possibile.
Curiosità
Il Calcolo dell’intervallo post-mortem
Il ritmo di crescita degli stadi immaturi dei Ditteri dipende essenzialmente dalla temperatura ambientale, quindi è possibile risalire all’età dei campioni partendo dalla cosiddetta “storia termica” degli insetti.
Per calcolare l’intervallo post-mortem vi sono diverse metodologie di lavoro. In Svizzera, C. Wyss, grazie alla sua grande esperienza usa nei casi di cadaveri “freschi” il metodo di Marchenko medico-legale). Lo scopo è quello di determinare a quando risalga l’arrivo dei primi ditteri, in base ai tempi di sviluppo larvale, influenzato enormemente dalla variabilità delle temperature. Per questo motivo, Marchenko utilizza un metodo di calcolo basato sulle temperature medie. Il principio è il seguente: al di sotto di certe temperature (soglia inferiore di sviluppo) le larve non si sviluppano. Per quest’ultime, contano solo le temperature effettive, definite tra la differenza della temperatura media (su 24 h) e la soglia inferiore di sviluppo. Per effettuare il totale del ciclo di sviluppo, ad ogni specie necessita una costante di calore (somma delle temperature effettive necessarie per uno sviluppo completo). Conoscendo la costante di calore, la soglia inferiore dello sviluppo (valori calcolati da Marchenko), le temperature rilevate nei giorni precedenti la scoperta del cadavere e le temperature effettive subite dalla larve durante l’allevamento, è possibile risalire al giorno della deposizione delle uova.
Comunque questo metodo pone dei limiti. Al di sotto di certe temperature, il calcolo non è più
Bibliografia
Trattato di Medicina Legale e scienze affini – Vol. III: Patologia forense a cura di Giusti Giusto, CEDAM , 2009.
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Polizia cantonale, www.polizia.ti.ch