Posted On Luglio 26, 2017 In Criminologia With 2294 Views

Lo stress nelle Forze dell’Ordine

di Ilaria Severini 

Negli ultimi anni il termine stress viene molto utilizzato in riferimento ad uno stato negativo dell’organismo. Ma è davvero così nocivo? Nell’ambito lavorativo il decreto legislativo 81/2008 regola l’individuazione, la valutazione e la prevenzione-correzione del rischio stress lavoro-correlato.

Hans Selye, medico austriaco definito il padre dello stress, lo paragona alla paura: senza di questa, verrebbero meno gli istinti che ci permettono la sopravvivenza, ovvero non eviteremmo quelle situazioni che mettono a rischio la nostra vita. Per lo stress vale lo stesso concetto: è una risposta di attivazione ad uno stimolo proveniente dall’ambiente circostante. Questo ci rende reattivi e pronti ad agire un comportamento (eustress), ma se questo stato di attivazione perdura troppo a lungo porta all’esaurimento (distress) ed allo sviluppo di situazioni patogene.

Nell’ambito lavorativo specifico delle professioni che hanno quotidianamente a che fare con eventi critici a forte impatto emotivo, come le Forze dell’Ordine, i Vigili del Fuoco, i soccorritori, il distress si traduce in burnout o, nei casi più gravi, con il Disturbo Post Traumatico da Stress.

Nonostante tale consapevolezza, troppo poco viene ad oggi fatto per contenere le conseguenze emotive sperimentate dagli operatori che quotidianamente e con molta dedizione si trovano di fronte a situazioni critiche.

Lo stress rappresenta qualcosa che non si può, né si deve, evitare; la sua mancanza totale, infatti, farebbe venir meno le spinte necessarie all’organismo per resistere alle aggressioni degli agenti patogeni e per adattarsi agli eventi esterni in continuo mutamento.

L’effetto positivo, adattivo, dello stress sull’individuo, definito eustress, aumenta l’attenzione, la memoria, la concentrazione, ecc.; oltre un determinato livello, che varia da individuo ad individuo e nello stesso individuo nel corso della sua vita, tale stato di attivazione diventa logorante per l’organismo che porta allo sfinimento o detto distress, associato, quindi, ad un effetto negativo e disadattivo.

Negli ultimi anni è divenuto sempre più difficile riuscire a conciliare gli impegni lavorativi con gli interessi personali. Risulta, dunque, estremamente complesso riuscire a parlare di stress correlato al lavoro in termini esclusivi. E’ inevitabile che vi siano strette relazioni tra fattori stressanti relativi al contesto personale e al contesto lavorativo 

Vi sono evidenti difficoltà metodologiche che possono insorgere nella rilevazione dello stress lavoro-correlato, ma ci sono degli aspetti chiave individuati dalla ricerca che possono senza dubbio aiutare a chiarire ed affrontare questo fenomeno.

Il National Institute for Occupational Safety and Health[1] (NIOSH, 1999) definisce lo stress sul lavoro come l’insieme delle reazioni fisiche ed emotive dannose che si manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle capacità, risorse o esigenze del lavoratore.

Si parla dunque di stress lavorativo (anche chiamato work stress) come processo di interazione tra individuo ed ambiente di lavoro che si manifesta in presenza di uno squilibrio tra le richieste provenienti dall’organizzazione e le risorse (ma anche capacità) di un individuo per farvi fronte.

Con l’Accordo quadro Europeo dell’8 ottobre 2004 viene stipulato a Bruxelles un’intesa tra associazioni dei datori di lavoro e associazioni sindacali. Tale Accordo è stato recepito in Italia soltanto nel 2008, con l’Accordo interconfederale del 9 giugno.

Il decreto legislativo 81/2008 (D. Lgs. N° 81 – 9 aprile 2008) all’art. 28 prevede, con l’intervento di valutazione dello stress lavoro-correlato, l’individuazione, la valutazione e la prevenzione-correzione del rischio stress lavoro-correlato, sia a livello del singolo, individuando e poi agendo sul fattore di stress causa del disagio lavorativo, sia a livello organizzativo, prevenendo o riducendo l’impatto che le conseguenze di tale disagio possono avere sull’azienda.

Gli studi internazionali pubblicati dal 1980, definiscono in modo unanime le attività svolte dalle Forze di Polizia come altamente stressanti. Lo stress derivato da questo tipo di attività non sempre ha una valenza negativa, infatti molti operatori hanno asserito che lo sforzo e l’impegno richiesti dalla pericolosità del lavoro possono essere definibili come soddisfacenti ed appaganti. Gli aspetti positivi che emergono da queste ricerche, sembrano essere il contatto diretto con il cittadino, il fatto di lavorare nell’ambito sociale, le funzioni di aiuto e di utilità per la società.

Nonostante si possa pensare che in questo tipo di lavoro la causa principale di stress possa derivare dall’esposizione ad eventi traumatici, diverse ricerche hanno messo in luce che le principali cause di stress tra le forze dell’ordine risultano essere legate agli aspetti organizzativi ed alle difficoltà di rapporto a livello amministrativo.

Un’ampia ricerca pubblicata dall’European Agency for Safety and Health at Work del 2000, suddivide le maggiori fonti di stress presenti in tutte le organizzazioni lavorative, compresa quella di Polizia, principalmente in due grandi aree: una legata al contesto lavorativo, cioè all’ambiente, e l’altra legata al contenuto del lavoro. Riguardo al contesto lavorativo si evidenziano i seguenti fattori: la comunicazione interna, il ruolo occupato nell’organizzazione, lo sviluppo di carriera, l’autonomia decisionale e il controllo, i rapporti interpersonali sul lavoro, ecc. In merito al contenuto lavorativo si identificano: l’ambiente e le attrezzature di lavoro, la pianificazione e la progettazione dei compiti, il carico e il ritmo di lavoro, gli orari di lavoro, ecc.

L’adempimento richiesto dal D. Lgs. 81/2008 non dovrebbe essere visto soltanto come un obbligo di legge finalizzato ad evitare possibili sanzioni, ma come opportunità di un effettivo miglioramento delle condizioni di lavoro per la salute e la sicurezza degli operatori di polizia e dell’abbattimento dei costi economici quantificabili in perdita di giornate lavorative.

Non è lo strumento utilizzato che garantisce una buona analisi e l’arrivo ad una soluzione, ma la volontà di ottenere il benessere per i lavoratori e, di conseguenza, quello dell’organizzazione. È necessario, al fine di effettuare una proficua indagine, esplicitare a tutti i partecipanti gli obiettivi del lavoro che andremo ad effettuare, garantire l’anonimato e spiegare l’importanza di una libera espressione. È importante anche che tale analisi venga effettuata tenendo conto della cultura tipica del lavoro in polizia ai fini di poter avere una reale stima dei punti di forza e di criticità.

Molte sono le proposte presenti in letteratura riguardo alla gestione dello stress ed in particolare alla gestione dello stress a seguito di eventi critici. Due metodiche molto funzionali a tale scopo sono lo Stress Inoculation Training e il Peer support. La prima ha l’obiettivo di alimentare e sviluppare le abilità di coping, non solo per risolvere specifici problemi immediati ma anche da applicare a difficoltà future. Inoltre, fornisce agli individui e ai gruppi, una “difesa proattiva”, ovvero una gamma di abilità di fronteggiamento che consentano loro di cavarsela con le future situazioni di stress. La seconda si basa sulla credenza che la comunicazione fra pari rappresenta un fattore di protezione nei confronti dello stress, in particolare per quanto attiene lo stress acuto da eventi critici.

Parlando di strategie di coping e facendo riferimento ad una lettura fisiologica e psicologica del fenomeno stress, è possibile fare una distinzione tra strumenti psicofisici e strumenti cognitivi di gestione. Tra i primi possiamo individuare il training autogeno, il rilassamento progressivo e la meditazione; mentre fanno parte del secondo tipo di strumenti lo sviluppo dell’autoefficacia, la comunicazione attraverso l’intelligenza emotiva, il controllo delle emozioni con il reframing (ristrutturazione cognitiva), l’utilizzo di comportamenti assertivi, l’influenza e la persuasione, gestire i conflitti e le divergenze e la capacità di problem solving.

Bibliografia

[1] Il NIOSH, costituito nel 1970, fa parte dell’Agenzia nazionale Disease Control and Prevention (CDC). Il NIOSH è l’unico Istituto federale statunitense responsabile per la ricerca nel settore degli infortuni e delle malattie nei luoghi di lavoro (fonte ISPESL).

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